Data: 12 marzo 2011
Eroi: Niccolò, Stefano, Nicola, Matteo, Silvestro
All'alba di venerdì finalmente si decide. Domani (cioè sabato 12) si parte alla volta del Mont Flassin su idea di Nicola (che scopriamo avere già asceso la vetta proprio questo venerdì), con l'idea di attaccare il sentiero alle 8:30. Il meteo è abbastanza indecente, ma le imprese eroiche a noi ci piacciono, quindi ci si attrezza per la bufera e si parte coraggiosi, massicci e incazzati. Ovviamente Silvestro è in ritardo (come il Cisco di Rotta per casa di Dio degli 883, bei tempi...), e alla fine partiamo alle 6:40. Conclusione, raggiungiamo Etroubles e la roulotte di Nicola all'incirca alle 8:40, e fra una cosa e l'altra si parte alle 10 del mattino, in direzione di nuvole nerissime e lasciandoci alle spalle orde di sciatori di fondo.
La prima parte di strada dall'abitato di Saint Oyen (1320 m) è abbastanza tranquilla, e quindi decidiamo di tagliare appena possibile il sentiero per sprofondare allegramente in una neve a 3 strati: fresca, un pò meno fresca, ancora più fresca. Quel poco di strada sulla pista battuta rende quasi inutili le ciaspole nostre e gli sci di Silvestro, quindi scegliamo che dove si può tagliare tagliamo.
Tutto va bene, finché non ho la brillante idea di dire: "Oggi ci va anche bene secondo me, qualche neve la prendiamo ma dovremmo cavarcela". 1, 2, 3: la neve inizia a cadere sottile sottile ma in 5 minuti siamo fradici come pulcini. Raggiungiamo un cartello che indica le baite del Flassin (2258 m) a 30 minuti, i più lunghi della giornata. Vediamo infatti i ruderi delle baite apparire sopra un dosso in lontananza, ma è molto più lontano di quanto appare (maledetta prospettiva!) e immerso nella neve profonda. Ci ripariamo e cerchiamo di incamerare qualche caloria per lo strappo finale.
I pendii dietro le baite sono perfetti per le ciaspole e per le sci, se solo si capisse la loro reale pendenza: il cielo e la neve si uniscono all'orizzonte e non è chiaro fin dove riusciremo ad osare. Risaliamo 3 vallette molto erte, mettendo a dura prova le caviglie e i dentelli delle ciaspole, fino a giungere in vista di alcuni promontori rocciosi che indicano che siamo vicini all'anticima del Mont Flassin. In teoria dovremmo essere quasi in vista del Monte Bianco, ed in effetti di bianco ce n'è un sacco ma ovviamente la visibilità è di circa 2 metri, quindi niente panorami per oggi!
All'alba delle 14 conquistiamo l'anticima del Flassin (2600 m), ma facciamo appena in tempo a stringerci le mani che una folata di vento micidiale ci sbatte in faccia una quantità di neve tagliente sufficiente a segarcela. Dopo 5 minuti iniziamo la discesa, con Silvestro che fa da apripista sugli sci e noi dietro a cercare di rimanergli appresso. Le nostre tracce sono state completamente coperte, quindi fatichiamo non poco a ritrovare la giusta via di discesa sui pendii scoscesi della vallata. Dietro ad un dosso di roccia appaiono le baite che ancora una volta ci accolgono e ci proteggono almeno un pò dalla furia omicida del vento e della neve.
Ripartiamo verso le 15 dalle baite, e nel giro di poco più di un'ora siamo a valle, in fondo alle piste da sci oramai deserte. Ci cambiamo, una mini-esercitazione sull'uso dell'Artva, e poi via a coronare la giornata con una bella birra al genepy ed una sosta dal formaggiaro di fiducia di Nicola che per 19 euro (!!!) mi fa portare a casa due tomini da griglia (ben più grandi di quelli che si trovano a Milano!), una toma da capra, una sleppazza di fontina ed una di formaggio erborino con aggiunta di salsa alle mele renette. Una giornata eroica, conclusasi con un'esperienza altrettanto eroica, da riproporre con condizioni di bel tempo (magari con puntatina finale alla vetta vera e propria). Se non sono comunque soddisfazioni queste...
domenica 13 marzo 2011
venerdì 4 marzo 2011
Monte Cazzola (2330 m) e Punta d’Orogna (2426 m), Alpe Devero (VB)
Data: 12 febbraio 2011
Eroi: Niccolò, Stefano, Mattia, Roberto
A questo giro siamo riusciti in qualche modo a coinvolgere qualche altro partecipante, ancora non è chiaro in che modo. In realtà il merito di questa impresa è tutto di mio fratello, colto da un’improvvisa mania ciaspolatoria. Alle 6:30 siamo davanti alla metrò di QT8 e partiamo, destinazione Alpe Devero (1631 m). La strada è lunga e sostanzialmente tutta dritta, quindi la possibilità di un bel sonnellino sarebbe da cogliere al volo, ma la voglia di conoscersi un po’ meglio ci fa stare svegli a chiacchierare un po’. Riusciamo ad arrivare al Devero in tempo per parcheggiare al coperto, il tempo di bere qualcosa di caldo ad uno dei bar della piana e poi, si parte, baldanzosi come non mai!
Superiamo le piste da sci e andiamo verso Piedimonte, ancora immerso nelle prime ombre mattutine. Vediamo dietro di noi imponenti massicci coperti di neve ed inondati da un sole splendente: sarà una giornata molto calda e luminosa, o almeno speriamo…
Risaliamo il bosco seguendo una traccia evidente su una neve compattissima ai limiti del ciaspolabile, cercando di mantenere un passo sostenuto per guadagnare quota in tempi rapidi. Questo passo “alpino” fa ovviamente qualche vittima, ma con sagge soste ed opportuni rallentamenti il gruppo si ricompatta giusto appena arriviamo in vista delle baite dell’Alpe Misanco (1907 m), preannunciata da una bella spianata innevata. Ci fermiamo su un piccolo promontorio nei pressi dell’alpe per rifocillarci un attimo con qualche porcheria fornita da Mattia (Ferrero Rocher e Pocket Coffee soprattutto) e con qualche cosa di più sano mio e di Stefano (mela e banana). Dopo 20 minuti di riposo e di foto più o meno serie ripartiamo tenendo lievemente la sinistra, errore che pagheremo più tardi.
Il pendio è abbastanza ripido ma molto largo, il che permette di zig-zagare e di tenere un buon passo nonostante la pendenza accentuata. Quando sbuchiamo sul pianoro in cima al bosco sopra l’Alpe Misanco Stefano ci gela il cuore annunciando che il panettone che si vede più avanti è il Monte Cazzola (2330 m). Questo non sarebbe un problema se non fosse che la nostra unica meta era la Punta D’Orogna (2426 m), che però si trova più a nord-ovest rispetto a dove stiamo andando noi. La mappa sembra comunque indicare che sia possibile concatenare le due vette in modo agevole. Dopo qualche foto di rito sulla vetta del monte scopriamo che non è proprio così: esiste una parvenza di traccia che scende dal versante orientale, ma è appunto una parvenza su un pendio molto scosceso con roccette affioranti che ci fanno cambiare idea all’unanimità. Ritorniamo sui nostri passi e alla base del versante occidentale pieghiamo a sinistra per scendere sul fianco nord del monte, in direzione di una traccia che risale tutta la vallata fino alla Punta d’Orogna, la cui minuscola vetta vediamo sorridere sotto un sole cocente, e anche abbastanza mistico (vedi foto).
Recuperata la traccia saliamo (ormai sono le 12:30) in direzione della nostra vera meta, e fra ciaspole perse (Mattia è un eroe…) e pendii semi-verticali raggiungiamo la piccola cima, da cui si ha un panorama entusiasmante di tutto ciò che ci circonda. Facendo attenzione alle cornici ci facciamo qualche foto ricordo, per poi scendere di 50-60 m nella conchetta sotto la vetta, dove ci stendiamo e ci apparecchiamo un vero e proprio “pic-nic sulla neve”. Nel frattempo Mattia inizia a russare alla grande…
La discesa è valle è più complessa del previsto: in val Buscagna abbiamo il nostro bel da fare per trovare una via che ci permetta di evitare un muro ghiacciato con radici annesse. Dopo qualche tentativo troviamo un canalino di neve fresca che ci consente di scendere a rischio zero (o quasi). Da lì in poi è tutto molto più facile: arriviamo all’Alpe Misanco in mezz’oretta (individuando il bivio mancato che ci ha portato per sbaglio prima al Cazzola…ma manca il cartello che indichi la punta d’Orogna!), e in 50 minuti siamo al sicuro alla Piana del Devero, ormai all’imbrunire. Un paio di birrette ed una fetta di torte all’Osteria Alpina rinfrancano i nostri cuori, prima che il sottoscritto si metta alla guida e conduca gli eroi verso casa. Giunti a Milano la partita sorprende me e mio fratello proprio dietro allo stadio, e ci tocca quasi un’ora di coda (in riserva). Ma in fondo, per una giornata così ne valeva proprio la pena…
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